Scritto da Alessandra Colanera

Il presente studio ha per oggetto due manoscritti inediti risalenti
rispettivamente al 1783 e al 1785. Si tratta dei verbali di due processi per
stupro celebrati presso il tribunale ecclesiastico di Subiaco. I fascicoli sono
completi, il loro stato di conservazione è buono e questo permette di
ricostruire con precisione le singole fasi processuali. Dall’esame comparato
dei carteggi emerge un elemento di notevole rilievo: i giudici dei due processi
seguono un percorso identico che, partendo dalla querela della parte offesa,
li conduce alla decisione finale. Dunque, nonostante le tecniche confuse e
spesso improvvisate che contraddistinguevano all’epoca l’attività dei tribunali
dello Stato Pontificio, esistevano comunque delle norme procedurali, che si
erano affermate certo più per consuetudine, che non per via di un’opera di
codificazione razionale. È interessante notare che il “Regolamento organico e
di procedura criminale”, varato da Gregorio XVI nel 1831 (quindi circa
cinquant’anni dopo i processi sublacensi), ufficializza, nelle cause attinenti la
violazione dell’onore femminile, praticamente questa procedura. In
particolare si è potuto notare che il Regolamento gregoriano prevede si
rivolgano ai testimoni le stesse domande formulate nei nostri processi e, per
di più, nella stessa sequenza. Le pagine dei verbali rappresentano un
vibrante affresco della cultura rurale di fine Settecento e offrono numerosi
spunti di discussione. La particolarità di questi procedimenti è comunque
legata all’applicazione, in uno di essi, della “tortura sulla vittima-accusatrice”.
Quest’istituto aberrante, che non trova riscontri nelle coeve prassi giudiziarie
al di fuori dei confini dello Stato Ecclesiastico, era utilizzato invece dai
tribunali pontifici, con una certa frequenza, già da qualche tempo, come
mostra la vicenda di Artemisia Gentileschi risalente al 1612. I manoscritti
sono custoditi attualmente nell’archivio curiale di Subiaco. L’archivio, che
rispecchia la vita dell’Abbazia territoriale dalla sua formazione (1638-1639)
alla fine della Commenda (1915), contiene documenti di carattere civile,
penale ed amministrativo-economico, legati alla gestione del patrimonio dei
Commendatari. Da qualche anno a questa parte, esso è stato “riscoperto” e
con fatica si sta portando avanti un progetto di schedatura delle carte
conservate, rimaste per tanto tempo dimenticate in un angolo della clausura
del monastero di Santa Scolastica.